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L’impiego della pietra a fini pratici, religiosi o decorativi nella Liguria di ponente è una prassi che trae origine nei tempi preistorici.
Lo attestano numerosi ritrovamenti di reperti provenienti da grotte presenti sul territorio e oggi conservati in musei locali come il Borea – D’Olmo di Sanremo. Ne sono prova inoltre le presenze megalitiche individuabili lungo alcuni percorsi naturalistici; un esempio è quello prossimo al Passo della Mezzaluna, nelle cui vicinanze si possono osservare un menhir, resti di recinti e un altare sacrificale con coppelle e canaletta di scolo.
Il ponente ligure è ubicato inoltre in prossimità della Valle delle Meraviglie, nota per le incisioni rupestri stilizzate di corniformi, figure geometriche, attività lavorative, attrezzi e armi.
La tradizione dell’utilizzo e della lavorazione della pietra ha perdurato in epoca romana e medioevale ed anche in tempi successivi.
Nell’arco del XVI secolo si è delineata una vera e propria scuola di lapicidi (dal latino lapis, pietra, e caedo, tagliare), detti anche scalpellini o picapietre, a Cènova, borgo sito alla sinistra del torrente Giara di Rezzo e frazione del Comune di Rezzo in provincia di Imperia.
Dal punto di vista storico si tratta di un’area che in età tardo-medioevale rientrò nelle mire espansionistiche di diverse casate nobiliari intenzionate ad assicurarsi il controllo sulla via del sale o via marenca; tali famiglie non mancarono di affermare il proprio dominio anche con la committenza di importanti opere.
Sotto l’aspetto geologico il territorio presenta rocce a strati chiamate flysch, di natura calcarea o arenaria-argillosa, formatesi 80 milioni di anni fa sul fondo dell’Oceano ligure-piemontese con l’accumulo di materiale proveniente dalle catene alpine. All’inizio del terziario questi sedimenti scivolarono per un centinaio di chilometri andando così a caratterizzare l’attuale zona di Rezzo e costituendo l’abbondanza di rocce calcaree e di ardesia utilizzate per oggetti d’uso comune, portali, decorazioni, colonne, architravi, stemmi nobiliari, muri in pietra a secco, tetti.
Materiali, estrazione e trasporto
Sebbene non tutte le pietre utilizzate localmente provengano dall’area della Valle Arroscia e Giara di Rezzo, per evidenti ragioni di praticità la ricerca di un punto in cui avviare la coltivazione della cava veniva effettuata con “assaggi” del terreno il più vicino possibile alla destinazione finale dei manufatti, la cui varietà richiedeva peraltro tipologie di pietra differenti.
I blocchi estratti potevano venire già grossolanamente lavorati sul luogo con un abbozzo della forma finale al fine di semplificare le operazioni di trasporto.
In seguito il blocco legato con spesse funi veniva fatto scivolare su un carro per mezzo di tavole insaponate o ingrassate. Ove possibile, si preferiva sfruttare al massimo le vie di collegamento fluviali che garantivano un trasporto più semplice ed economico.
Il museo “Strade di Pietra”
A Cènova è presente il museo dei lapicidi la cui visita apre alla conoscenza di storia e tecniche della lavorazione della pietra. All’interno del museo è anche possibile visionare alcuni antichi manufatti in esso conservati.
VIDEO: la sala d’ingresso del Museo “Strade di Pietra” con i primi pannelli esplicativi.
Nella sezione relativa agli utensili impiegati un pannello esplicativo mostra le differenti tipologie di attrezzi suddividendole in categorie basate sul diverso uso.
Negli strumenti a percussione diretta sono fra gli altri compresi picco, scure, martellina, ossia attrezzi il cui impiego sulla pietra ne consente la scalfitura senza strumenti intermediari. A percussione indiretta sono invece punte, scalpelli e sgorbie, i quali necessitano dell’impiego contestuale di percussori in pietra, legno o metallo come mazze o mazzuoli.
Manufatti antichi per lo più di uso comune sono esposti nella seconda e nella terza sala espositiva.
Portamangime, abbeveratoio, lavandino, mortaio, mensola, grondaia sono alcuni dei pezzi visionabili.
Oggetto di particolare interesse poichè ormai appartenente in toto al passato è la garumba, lastra di pietra piana con canaletta di scolo per l’acqua addizionata di cenere che fuoriusciva da un tino sovrastante impiegato per il bucato. L’acqua veniva raccolta in un secchio e talvolta recuperata poichè l’azione eccezionalmente sbiancante della cenere in essa presente potesse essere ancora sfruttata.
Una garumba è presente anche nella ricostruzione di una casa contadina del 1800 visitabile a Lucinasco e facente parte del museo diffuso “Lazzaro Acquarone”.
Altro oggetto testimone della vita contadina del passato è il portapalo, lastra in pietra con foro atto a consentire l’incastro di un palo (“carassa”). Questo elemento veniva posto nelle vigne o sui terrazzi e consentiva la realizzazione di parapetti; essendo posizionato in modo sporgente rispetto al perimetro, rendeva sfruttabile tutta la superficie agricola o ricreativa.
Nelle piccole borgate è talvolta ancora possibile vedere questo tipo di oggetto. Il portapalo della foto seguente si trova nella borgata di Case Moline, frazione di Lucinasco raggiungibile a piedi seguendo la mulattiera che collega il paese con San Lazzaro Reale. Case Moline si trova in stato di parziale abbandono; forse anche per questa ragione l’oggetto è stato lasciato al suo posto, sebbene l’incuria ne abbia determinato lo spostamento e la perdita dell’originaria funzione protettiva.
Le famiglie di lapicidi
Il paesaggio che attornia il borgo di Cènova è caratterizzato dalla presenza di “maxei”, muri in pietra a secco che sostengono terrazzamenti agricoli coltivati prevalentemente a uliveto dopo il XVII secolo.
L’abitato si snoda in salita ed è conservata in esso l’organizzazione edilizia originaria: si riconoscono all’interno del borgo nuclei insediativi evidenziati da piazzette interne, ciascuno legato ad una singola parentela familiare, ad esempio gli Arrigo o Enrico, i Marco, i Valenzi.
Lazzarino Henrico, cognome poi italianizzato in Arrigo e molto diffuso ad oggi nella zona, è stato scalpellino impiegato nel 1506 nella Collegiata di Tenda; la sua presenza in qualità di artista è attestata dall’iscrizione del portale laterale “magister lazarinus henricus fecit de cenua” (“il maestro Lazzarino Enrico da Cènova realizzò quest’opera“).
Incisa sull’architrave è leggibile anche la data. Sono inoltre rappresentati tre stemmi: il primo da sinistra è quello dei Lascaris, conti di Ventimiglia e di Tenda.
La presenza di importanti cantieri favorì a Cènova la nascita di botteghe artigiane a conduzione familiare fra le quali si distinsero nel corso del XVI sec. le due famiglie degli Arrigo e dei Valenzo.
Questi artisti furono attivi non solo nella valle della Giara di Rezzo o nelle vicine valli Arroscia e Impero ma in tutta l’area del ponente ligure sino alla parte alta della val Roja, oggi appartenente alla Francia.
Nell’attività di Pietro e Bartolomeo Valenzo intorno al 1560 si riconosce il culmine della tradizione dei lapicidi; i due fratelli furono attivi sul territorio e, sebbene il conte Claudio di Tenda (1554-1556) li avesse impiegati come sovrintendenti delle strade, essi erano prima di tutto abili scalpellini ed autori fra l’altro del celebre portale della Collegiata di Nostra Signora dell’Assunzione.
Il museo diffuso
Il museo Strade di Pietra prosegue all’aperto soprattutto nei centri di Cènova, Rezzo e nella vicina Lavina.
Si tratta principalmente di elementi decorativi, di portali e di colonne, spesso privi di firma, talvolta recanti una data (forse non sempre perfettamente coincidente all’anno della realizzazione).
In alcuni casi gli elementi sono stati spostati dalla collocazione originaria e reimpiegati altrove con altri fini, come questo sovrapporta impiegato come scalino sul quale sono scolpiti un ferro di cavallo e un Agnus Dei.
Le decorazioni e i simboli religiosi rientrano essenzialmente in tipologie ripetute e riconoscibili. I capitelli ad esempio presentano spesso un’evoluzione rappresentata dalla decorazione a foglie d’acanto stilizzate e trasformate in spirale, simbolo del divenire dell’universo.
In generale elementi geometrici e fitomorfi più o meno stilizzati sono temi ricorrenti. Tipico simbolo euroasiatico è la rosa celtica o rosa carolingia, detta anche “a rosa di pastùu” (“rosa dei pastori”) in lingua brigasca. Si tratta di un fiore geometrico a sei punte inscritto in un cerchio, forse simbolo della ruota del sole e considerato portatore di buona fortuna.
Matrice e funzione simile potrebbero avere le spirali derivate dalla stilizzazione delle foglie e le immagini del sole, come quello realizzato a raggi ondulati e inscritto entro una cornice a forma di treccia. E’ stato inciso su uno scalino circolare dinanzi alla parrocchiale di Sant’Antonio Abate a Lavina.
Le testine apotropaiche sono un altro tema ricorrente tipico dell’arte del Medioevo e del mondo celtico. Si tratta di piccole teste umane di fattura semplice con funzione protettiva e in grado di collegare al mondo dei defunti.
Si trovano testine di questo tipo sotto ogni archetto dell’abside della chiesa di Santa Maria Assunta a Diano Castello e anche sulla facciata della chiesa campestre della Maddalena a Lucinasco, dove è presente un solo volto, talora identificato con il costruttore.
La seguente testina, visibile in un sovrapporta nel borgo di Rezzo, è stata eletta quale logo del museo Strade di Pietra.
Come precedentemente accennato, le casate nobiliari che si disputarono nei secoli il controllo dei territori diedero impulso all’arte degli scalpellini negli ambiti dell’arte sacra e di quella profana. Indicatore costante dell’indiscusso potere di una famiglia su un’area è la presenza di stemmi nobiliari individuabili sugli architravi dei portali delle chiese, nei sovrapporta e su quanto resta dei castelli.
Nello stemma parzialmente perduto della foto seguente è riconoscibile l’emblema dei Lascaris, il principale ramo dei conti di Ventimiglia.
Nell’arte dei lapicidi rientra poi tutta una serie di tipologie di simboli religiosi come il già citato Agnus Dei, agnello paleocristiano, metafora della passione e raffigurazione di Cristo come “Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo”. Qui sotto l’Agnus Dei è racchiuso in un clipeo sorretto da angeli, su sovrapporta in pietra nera scolpita a bassorilievo e risalente al XV sec.
Uno dei motivi più ricorrenti negli architravi è il trigramma composto dalle prime tre lettere del nome di Gesù Cristo scritte in alfabeto greco.
Altre incisioni religiose sono i ritratti e i volti dei Santi dedicatari di una chiesa o protettori di uno specifico luogo, oppure scene figurate che narrano per immagini storie della Bibbia e dei Vangeli agli osservatori.
Occorre a questo proposito considerare che all’epoca della creazione delle più alte opere di questo genere parte della popolazione non era alfabetizzata e poteva essere ammaestrata alle Sacre Scritture, oltre che dai sermoni contestuali alla Messa, proprio da dipinti o bassorilievi in grado di raccontare una storia sacra o edificante.
Notevole raffigurazione di questo tipo è l’Annunciazione, bassorilievo del portale in pietra nera parzialmente datato (“…die 24 Xmbris”) dell’Ospitale di Pieve di Teco, eretto nel 1402 come ospizio per i poveri e i pellegrini e successivamente impiegato per i feriti e i malati.
Sebbene l’edificio, attualmente privato, versi in pessime condizioni, il portale si è conservato discretamente e, anche se da tempo non viene lucidato come era uso un tempo con olio d’oliva o cera, resta opera rimarchevole e con ogni probabilità il più importante portale del paese.
Esistono infine portali considerevoli per imponenza sebbene lavorati senza particolare decorazione.
Tali portali non mancano di presentare stipiti, architrave e soglia perfettamente sagomati al fine di scaricare uniformemente il peso della struttura e rientrano pertanto anch’essi nell’ambito delle opere d’ingegno più importanti che la maestria dei lapicidi del XVI secolo ha lasciato in eredità alle genti delle epoche successive.
Crediti:
- si ringraziano i gestori del Museo “Strade di Pietra” di Cènova e Nadia Albavera per le informazioni e l’assistenza fornita;
- si ringrazia Sabrina Mossetto per il logo di Terra di Ponente ora non più in uso se non sul canale YouTube collegato, la grafica e le immagini di copertina.
NOTA: questo articolo è stato pubblicato in data 24/02/2020 sul sito web Terra di Ponente, sito i cui contenuti sono stati trasferiti su Il Samsara dei Libri